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Le relazioni pericolose 2.0: un libro da ombrellone?

Le Relazioni pericolose 2.0 è un libro da spiaggia? Ma che cos’è poi un libro da spieggia? Considerazioni semiserie sulle letture estive

I sondaggi ogni hanno ci ripropongono la solita conclusione: d’estate la gente legge di più. Non parliamo solo dei lettori abituali, che non possono stare senza un romano (o due, o tre…) sul comodino, e che spesso la sera preferiscono starsene sul divano con un libro un mano piuttosto che subire passivamente le proposte del palinsesto televisivo. No, parliamo anche di chi durante l’anno proprio non legge, adducendo solitamente come motivazione (parlare di scuse pare brutto) la mancanza di tempo.

Ecco allora che appena si apre la stagione le librerie reali e virtuali si riempiono di letture estive, un etichetta terrificante, per chiunque ami leggere davvero, e anche scrivere. Come se si potesse relegare il gusto per i libri a una singola stagione! Ma è pur vero che sotto l’ombrellone in riva al mare, o sdraiati al fresco in montagna, è più facile trovare il tempo e il modo per allontanare i pensieri, tirarsi fuori dalla routine quotidiana, e immergersi in una lettura piacevole.

Riguardo alla scelta della lettura. Beh, come dicevo la definizione letture estive non mi piace molto. C’è chi può trarre piacere dal leggere in spiaggia Guerra e Pace di Tolstoj, così come c’è chi preferirà l’ultimo romanzo d’amore di un’affermata autrice, o magari un volume di saggistica. Edicole e banchi del supermercato ci riforniscono costantemente dei titoli più gettonati e delle letture estive più inflazionate. Ma per noi scrittori, quando è possibile etichettare una nostra opera come più o meno adatta per questa stagione? Sarebbe carino chiederlo a Tolstoj…

Naturalmente è un discorso provocatorio, ma per quanto riguarda il mio Le relazioni pericolose 2.0 credo di poter affermare che si adatta perfettamente alle pigre giornate in spiaggia come a situazioni molto più quotidiane. Forse dipende dalla trama, che mescola e intreccia vicende di sesso consumate a metà tra la rete e la realtà, e i pettegolezzi di provincia, con uno spaccato cinico e disincantato sul mondo della politica e del bel mondo del nostro paese. Chiunque può trovare elementi interessanti, come in un gioco di scatole cinesi dai molteplici e inaspettati incastri. O forse dipende dal linguaggio, che coniuga la forma letteraria che mi è tipica con le modalità della comunicazione in Rete, adeguandosi ora al ritmo sincopato della chat su WhatsApp, ora alle reminiscenze di antiche corrispondenze delle e-mail.

Insomma, che cerchiate una lettura che vi faccia trascorrere un pomeriggio immersi in una lettura intrigante e avvincente, o che vogliate riflettere un po’su come e quanto è cambiata la comunicazione ,anche quella amorosa, al tempo di internet, Le relazioni pericolose 2.0 potrà tenervi buona compagnia.

Scrivere un romanzo col linguaggio dei social

 

22.01 Ciao Camilla! Bello! Ma mandami una foto pure di questo Fabio!

22.02 Davvero vuoi vederlo?

22.03 Beh, sì, sono curiosa!

22.04 Eccolo qua! Che ne dici?

22.06 Mah… veramente….

22.07 Cioè?

22.08 Camilla! Stai diventando permalosa come i palermitani!! Scherzooooooo! È bellissimo, il tuo Fabio! Non sembra poi tanto vecchio. Cosa avete fatto, oltre le foto?

da Le relazioni pericolose 2.0

 

Scrivere un romanzo utilizzando le modalità di scrittura usate sui social non è stata una sfida semplice. Quello che utilizziamo quando scriviamo le nostre e-mail, ma soprattutto i nostri messaggi su WhatsApp e Messenger, o anche di più negli SMS, è un linguaggio povero e scarno, ridotto all’osso per esigenze di rapidità, e, nello stesso tempo codificato secondo tutta una serie di regole nuove, che si sono autoaffermate nel tempo, senza che nessuno le abbia formalizzate. Già può risultare criptico parlare di certi argomenti usando queste nuove modalità espressive, ma come era possibile raccontare una, anzi, più di una storia d’amore, far arrivare ai lettori le dinamiche sottili che regolano il gioco della seduzione, lo spessore emotivo di certi personaggi che, proprio nella loro volontà di dire poco o nulla di sé, trovano nel linguaggio dei social un alleato prezioso a custodire i loro segreti?

All’inizio questa scelta mi è sembrata un cul-de-sac, ma quasi subito mi sono resa conto che invece costituiva proprio uno dei punti di forza del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0. Del resto, anche quando Choderlos de Laclos ha scritto le sue Les liaisons dangereuses (Le relazioni pericolose) nel 1782 ha scelto di raccontare unicamente tramite le lettere  scritte dai suoi personaggi una storia di seduzione, intrigo, amore e vendetta. Non solo, generale rivoluzionario e poi burocrate sotto Napoleone, Laclos ha usato il suo romanzo epistolare per condannare gli eccessi delle nobiltà borbonica, il vizio e la corruzione che vi serpeggiava, complice la pressoché totale mancanza di educazione sentimentale e morale a cui erano relegate le donne. Una serie di temi non da poco, insomma, che la forma epistolare doveva esprimere, senza nello stesso tempo annoiare i lettori.

Il pensiero di come Laclos ha affrontato il problema è stato uno stimolo anche per me, che, rispetto a lui, mi ritrovavo a poter giocare su diversi livelli, e credo che sia stato proprio questo a farmi capire le potenzialità della mia scelta apparentemente ardua. Ho capito che potevo sfruttare a mio vantaggio i cambi di ritmo e registro come volevo, passando dallo stile delle e-mail tra Giacomo e Isabella, più vicine per certi versi allo stile epistolare, agli scambi brevi e quasi sincopati su Whatsapp tra Camilla e Giada. Man mano che il romanzo andava avanti, questa modalità di scrittura mi offriva spunti sempre più interessanti. Avvicinandomi al finale, quando le vicende si ritorcono contro i protagonisti, messaggi lapidari ed essenziali diventavano un modo per rendere lo stringersi progressivo delle maglie della vicenda (e di quelle della giustizia) intorno a chi, fino a poco prima, sembrava essere il primo artefice di intrighi e trame.

Insomma, senza rendermene conto sono caduta io stessa “vittima” del mio gioco linguistico, e mi ci sono appassionata al punto da riuscire, spero, a condurre i lettori esattamente dove volevo: a scoprire una storia a più livelli, dove le parti in gioco mutano continuamente, dove nulla è come sembra, e per scoprire la direzione della storia occorre davvero leggere tra le righe, interpretare le intenzioni, nella scrittura apparentemente innocua che scorre quotidianamente  su display luminosi, stretti nelle nostre mani.

 

 

Cambiano i tempi, ma i personaggi?…

Mi interrogavo qualche giorno fa sull’attualità del mio romanzo, rispetto alla pandemia di Covid-19 che ha sconvolto le vite di molti e la concezione stessa delle nostre esistenze. Oggi mi interrogo sui miei personaggi, su quanto essi siano ancora attuali, a distanza di una manciata d’anni da quando ho terminato la stesura del libro. Non è una domanda banale. Per Giacomo e Isabella mi sono ispirata, almeno concettualmente, al Visconte di Valmont e alla Marchesa de Merteuil, due personaggi resi iconici dal romanzo di Choderlos de Laclos a cui devo l’idea del romanzo Le relazioni pericolose 2.0. Valmont e de Merteuil che, paradossalmente, erano già icone quando sono stati concepiti, simboli di un bel vivere settecentesco che coincideva irrimediabilmente con un libertinaggio esasperato, un libertinage poco filosofico e molto devoto al soddisfacimento dei desideri carnali, ma ancora di più al compiacimento di una sfida senza confine e senza limiti tra due personalità affamate di esperienze, ma ancora di più del gioco psicologico che trova il suo appagamento ne far fare agli altri ciò che si vuole, senza farsene accorgere.

Così Giacomo e Isabella, pur muovendosi in un contesto storico e sociale molto diverso rispetto ai loro antenati dai volti incipriati e dalle parrucche favolose, duellano con la grazia di due serpenti velenosi, a colpi di fiele e malinconia, antichi amanti ai quali non è rimasto che in conforto della solitudine e della sconfitta dell’altro per non arrendersi all’annichilimento.

E poi c’è Ginevra, con i suoi dubbi, le sue fragilità, la sua illusione di potersi mantenere pura e coerente con i propri valori in un mondo in cui a vincere è chi quei valori li scardina, li sbeffeggia, decretandone un tramonto annunciato, e senza avere la pretesa di sostituirli con qualcosa di altrettanto valido e prezioso. Ho sempre pensato che la Presidentessa di Tourvel fosse un’eroina, a suo modo, l’ultimo baluardo di una donna di sani principi, capace di autentico amore, circondata da uomini e donne che hanno fatto della corruzione propria e degli altri il proprio stendardo e proclama.

E poi Camilla, la mia Cécile de Volanges, nuova al gioco dell’amore, eppure così naturalmente portata, forte della sua giovinezza, che la rende sfrontata anche quando dovrebbe apparire solo innocente. Ma c’è ancora spazio per l’innocenza delle adolescenti, nel mondo di Instagram e Tik Tok, dove la bellezza vale solo se esasperata, gettata in faccia, svenduta a un’omologazione esacerbata da modelli di riferimento ossessivi e molto, troppo spesso insani, da ogni punto di vista. Certo, Cécile in convento aveva altri riferimenti, ma non è tipico della gioventù cercare qualcosa a cui appartenere, proprio nel momento in cui si grida al mondo la propria unicità?

Uguali e diversi, i mie personaggi, come uguale e diverso è il mondo, nei suoi infiniti cicli e ricicli, e l’umanità in costante evoluzione, anche nei propri errori…

Le Relazioni pericolose tra covid-19, passato e futuro

In questo periodo di presentazioni in giro per l’Italia, finalmente liberi (o quasi…) da molte delle restrizioni a cui ci ha obbligati la pandemia, mi sono resa conto di quanto fossi stata in un certo senso lungimirante nella stesura del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0

Il Covid-19 ha sconvolto le nostre esistenze perfette, o che noi ritenevamo tali, costringendoci a rivedere in modo significativo non lo solo le nostre priorità, ma in generale il nostro stile di vita. Mi chiedo cosa sarebbe stato dei personaggi del mio romanzo se si fossero trovati costretti a muoversi durante un lock down. Sono certa che alcuni di loro non si sarebbero fatti fermare da regole e raccomandazioni, il bello di certi uomini e donne spregiudicati è che sono ribelli in ogni manifestazione, ogni aspetto della propria vita. Così Giacomo e Isabella non avrebbero permesso a niente e nessuno di fermarli nel loro ‘gioco’ dell’amore, trovando un sistema per portare avanti le loro schermaglie e i loro intrighi.

O così mi piace pensare.

Perché questa esperienza ci ha scottati tutti, chi più chi meno. Se i lock down e la distanza forzata a cui siamo stati costretti ha dimostrato – se ce n’era ancora bisogno – l’importanza raggiunta dai social nelle nostre relazioni (pericolose o meno…), dall’altro hanno anche rivelato quanto fragili esse siano, a volte, quanto soggette a incrinature, rotture spesso fatali, quando un’avversità sulla quale non possiamo esercitare controllo alcuno ci strappa dalla nostra routine, dalle nostre certezze.

E poi è vero che abbiamo cercato di sostituire la nostra vita sociale con una vita social. Ma quando la carne chiama la carne, quando il desiderio reclama il suo tributo, davvero ci si può accontentare di parole digitate in una chat, scene di disperata passione o raffinato erotismo descritte da un display? Forse alla fine sono proprio le relazioni nate così, perché non esiste altro modo per viverle, e rivelarsi le più pericolose…

Alla fine sono contenta che Giacomo, Isabella e gli altri personaggi del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0 non abbiano dovuto vivere le loro vicende durante la pandemia. Forse anche grazie a loro riuscirò a ricordare com’era prima, per apprezzare di più quello che verrà dopo.

Amore ai tempi del Corona Virus

La mattina del 5 marzo 2020 il Governo Italiano con un comunicato ufficiale invita i cittadini ad essere responsabili ed a restare a casa. Cambiano i rapporti interpersonali coppie affiatate sono divise ,coppie scoppiate sono costrette a stare insieme .

Si trovano nuovi spazi ,si chiudono vecchie porte ,ma la salvezza è nella bellezza della natura e un vaso di fiori collega due esseri umani e li libera dalle pastoie che si portavano dietro.

Amore ai tempi del corona virus

Giacomo, un fuoriclasse nel gioco dell’Amore.

Era naturale che ci tenessi davvero molto a trovare il mio Valmont.

Sono una donna, sono suscettibile al fascino maschile, quello vero, autentico, che purtroppo molti presunti uomini sembrano incapaci di incarnare, al giorno d’oggi. Certo, ero anche consapevole dei rischi che correvo. Valmont, e, a maggior ragione, il protagonista maschile a cui stavo dando vita, uniscono al suddetto fascino una componente predatoria e una mancanza di scrupoli pericolosissima, soprattutto quando indirizzata alle loro vittime preferite: le donne.

Ma, si sa, a noi piacciono i bad boys, ne subiamo il fascino irrimediabilmente, e c’è da credere che anche all’epoca di De Laclos essi mietessero molti più successi rispetto ai bravi mariti fedeli. Non è difficile immaginare perché. La donna è attratta dal predatore pericoloso, dal lupo che nasconda dentro il proprio pelo, celandolo dietro a parole gentili e dolci come il miele, e proprio per questo è ancora più insidioso. Piace l’uomo che sa dare a ciascuna donna esattamente quello di cui ha bisogno, colmare quel vuoto d’affetto, o considerazione, o sesso, che la rende incompleta. Figura paterna per la donna insicura, bambino irresistibile per il tipo materno, anima tormentata per quella che cerca l’uomo da salvare, da redimere. Quante volte abbiamo assistito a questo gioco? quante volte ne abbiamo letto nei libri, o l’abbiamo visto nei film?

Questo vuol dire che gli uomini non possono innamorarsi? No, mai pensato una cosa simile.

Valmont era una sfida personale. Perché anche a me sarebbe piaciuto salvarlo, dalle trame della Marchesa, ma soprattutto da se stesso. Forse, per un attimo, ho sperato che il mio Giacomo avrebbe avuto una possibilità.

Ma la verità è che Valmont perde, esce sconfitto dal gioco dell’amore. E non perché non sia un bravo giocatore, anzi… Ma trova qualcuno più forte di lui e, soprattutto, sottovaluta alcune regole imprescindibili, che solo i giocatori più incalliti conoscono e rispettano, pena la squalifica. Valmont si innamora. Ebbene sì, anche gli uomini come lui, e come Giacomo, possono cadere vittima del gioco dell’amore. E quando amano questi uomini lo fanno con un trasporto feroce, una abbandono spaventoso, forse proprio perché troppo a lungo si sono impediti di farlo, troppo presi a tessere i loro inganni.

E Giacomo? Affascinante Giacomo, cittadino del mondo, spirito libero, ramingo. Le donne ne sono attratte come le api sul miele, e lui vive ciascuna di esse come una sfida, ma anche una splendida opportunità. Le conosce, le irretisce, le valorizza rendendole uniche, per il tempo in cui dura la passione, come un collezionista di farfalle. Poi passa a un’altra farfalla.

Vi piacerà conoscerlo. A me è piaciuto moltissimo.

Le relazioni pericolose 2019 ora è anche cartaceo

Ve lo avevo promesso, e io mantengo le promesse.

Da oggi potrete acquistare il mio romanzo Le relazioni pericolose 2019 anche in formato cartaceo.

Per acquistarlo in libreria chiedete al vostro libraio Mondadori di fiducia di ordinare il libro nella sezione Book on Demand di Sherpa.

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Isabella, vincere o morire nel gioco dell’amore.

Continuando a parlare dei personaggi femminili di Le relazioni pericolose 2019, non posso non soffermarmi su Isabella.

Isabella… è la mia Marchesa de Merteuil. Scoprirla, reinventarla, è stata una sfida nella sfida. Perché la sua illustre predecessora era già di per sé un personaggio non convenzionale, per la sua epoca, una donna pronta a sfidare tutti i limiti imposti al proprio sesso dalla società maschile, rivendicando una libertà inimmaginabile, ottenuta a furia di compromessi, autodisciplina, una metodica manipolazione della propria essenza. Mi piace ricordare a proposito una delle mie citazioni preferite dal film Le relazioni pericolose di Stephen Frears (1988). In questo caso la Marchesa de Merteuil era interpretata da una superba Glenn Close. A un certo punto il personaggio pronuncia una confessione che è una vera e propria ammissione d’intenti:

“Quando feci l’ingresso in società avevo quindici anni; e io già sapevo che il ruolo a cui ero condannata, vale a dire stare zitta ed obbedire ciecamente, mi dava l’opportunità ideale di ascoltare e di osservare. Non quello che mi dicevano, che non era di nessun interesse, ma tutto quello che la gente cercava di nascondere; ed ho esercitato il “distacco”. Imparai a sembrare allegra, mentre sotto la tavola mi piantavo una forchetta nel palmo della mano e finii per diventare una “virtuosa nell’inganno”. Non era il piacere che cercavo, era la conoscenza; e consultavo i più rigidi moralisti, per la scienza dell’apparire, i filosofi, per sapere cosa pensare, e i romanzieri, per capire come cavarmela; e alla fine io ho distillato il tutto, in un principio meravigliosamente semplice: “vincere o morire”.”

Un’affermazione inammissibile, se la immaginiamo pronunciata da una donna vissuta nel ‘700!

Oggi è tutto più facile, le donne sono emancipate, indipendenti, possono lavorare e guadagnare quanto e più degli uomini. Sono rispettate e temute. Davvero?…

Isabella, o meglio Isabella.roaring70s, come è conosciuta in Rete, è uno dei personaggi più misteriosi del romanzo, e questo è curioso, considerando che è anche una delle protagoniste, per non dire LA protagonista. Eppure di Isabella non sappiamo nemmeno il cognome, di tutti gli altri sì. Quello che scopriamo di lei emerge progressivamente solo dalle lettere che si scambia con Giacomo, il suo amante storico, il suo Valmont.

Scopriamo così che Isabella è stata sposata con un ricco texano, che l’ha resa vedova e ricca. Tornata in Italia è divenuta regina indiscussa regina della società romana, aprendo il proprio salotto a esponenti del mondo politico, dello spettacolo, a tutta la Roma che conta. Una novella Madame de Staël, meno intellettuale, sicuramente, molto più interessata al potere, quel potere che si acquisisce solo attraverso la conoscenza dei punti deboli degli altri. Isabella sembra una specialista in questo. La sua mente arguta e il suo atteggiamento insinuante sembrano fatti apposta per sezionare l’anima altrui, frugare la carne per carpirne i segreti più intimi e riposti. E poi usarli per infliggere dolore, con la noncuranza con cui un bambino strappa le ali a una farfalla.

Ma è davvero così? Isabella, la mia Isabella, fredda e appassionata a un tempo, è davvero priva a sua volta di punti deboli?

Ripenso alla Marchesa de Merteuil quindicenne, che sorrideva piantandosi i rebbi della forchetta nella mano. Che imparava a tacere, a subire tutti i soprusi a cui il mondo di uomini in cui viveva la condannava.

Isabella è crudele, anche quando ama, soprattutto quando ama.

A un certo punto scrive a Giacomo:

“Cercami, amami ancora, pure se non mi trovi sulla strada che stai percorrendo adesso. Se ti fermi un istante e ti guardi intorno con gli occhi di chi guarda con l’anima, vedrai che io sono lì con te. Sentirai che non mi hai persa per sempre, mi hai solo lasciata scivolare via. Gli anni passati mi pesano, ora non riesco più a fuggire da te. Sono qui per te, in attesa di un cenno che risvegli i nostri vecchi sentimenti, la nostra complicità di sempre. Di un tuo bacio che mi dica “ti voglio”. Entra in me, fammi sentire se riesco a far rinascere il maschio, l’uomo che eri e cerco ancora.”

È davvero tutta finzione? Non è solo un modo per celare una fragilità rinnegata, ricacciata a forza in un luogo remoto, distante, per proteggersi dal male, per soffocare il pianto di una ragazza troppo giovane, troppo ingenua per saper far fronte alla crudeltà del mondo dei grandi?

Io, dopo tanto tempo, non ne sono ancora sicura.

Forse lo scoprirete voi, leggendo il mio libro.

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