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Le relazioni pericolose 2.0: un libro da ombrellone?

Le Relazioni pericolose 2.0 è un libro da spiaggia? Ma che cos’è poi un libro da spieggia? Considerazioni semiserie sulle letture estive

I sondaggi ogni hanno ci ripropongono la solita conclusione: d’estate la gente legge di più. Non parliamo solo dei lettori abituali, che non possono stare senza un romano (o due, o tre…) sul comodino, e che spesso la sera preferiscono starsene sul divano con un libro un mano piuttosto che subire passivamente le proposte del palinsesto televisivo. No, parliamo anche di chi durante l’anno proprio non legge, adducendo solitamente come motivazione (parlare di scuse pare brutto) la mancanza di tempo.

Ecco allora che appena si apre la stagione le librerie reali e virtuali si riempiono di letture estive, un etichetta terrificante, per chiunque ami leggere davvero, e anche scrivere. Come se si potesse relegare il gusto per i libri a una singola stagione! Ma è pur vero che sotto l’ombrellone in riva al mare, o sdraiati al fresco in montagna, è più facile trovare il tempo e il modo per allontanare i pensieri, tirarsi fuori dalla routine quotidiana, e immergersi in una lettura piacevole.

Riguardo alla scelta della lettura. Beh, come dicevo la definizione letture estive non mi piace molto. C’è chi può trarre piacere dal leggere in spiaggia Guerra e Pace di Tolstoj, così come c’è chi preferirà l’ultimo romanzo d’amore di un’affermata autrice, o magari un volume di saggistica. Edicole e banchi del supermercato ci riforniscono costantemente dei titoli più gettonati e delle letture estive più inflazionate. Ma per noi scrittori, quando è possibile etichettare una nostra opera come più o meno adatta per questa stagione? Sarebbe carino chiederlo a Tolstoj…

Naturalmente è un discorso provocatorio, ma per quanto riguarda il mio Le relazioni pericolose 2.0 credo di poter affermare che si adatta perfettamente alle pigre giornate in spiaggia come a situazioni molto più quotidiane. Forse dipende dalla trama, che mescola e intreccia vicende di sesso consumate a metà tra la rete e la realtà, e i pettegolezzi di provincia, con uno spaccato cinico e disincantato sul mondo della politica e del bel mondo del nostro paese. Chiunque può trovare elementi interessanti, come in un gioco di scatole cinesi dai molteplici e inaspettati incastri. O forse dipende dal linguaggio, che coniuga la forma letteraria che mi è tipica con le modalità della comunicazione in Rete, adeguandosi ora al ritmo sincopato della chat su WhatsApp, ora alle reminiscenze di antiche corrispondenze delle e-mail.

Insomma, che cerchiate una lettura che vi faccia trascorrere un pomeriggio immersi in una lettura intrigante e avvincente, o che vogliate riflettere un po’su come e quanto è cambiata la comunicazione ,anche quella amorosa, al tempo di internet, Le relazioni pericolose 2.0 potrà tenervi buona compagnia.

Scrivere un romanzo col linguaggio dei social

 

22.01 Ciao Camilla! Bello! Ma mandami una foto pure di questo Fabio!

22.02 Davvero vuoi vederlo?

22.03 Beh, sì, sono curiosa!

22.04 Eccolo qua! Che ne dici?

22.06 Mah… veramente….

22.07 Cioè?

22.08 Camilla! Stai diventando permalosa come i palermitani!! Scherzooooooo! È bellissimo, il tuo Fabio! Non sembra poi tanto vecchio. Cosa avete fatto, oltre le foto?

da Le relazioni pericolose 2.0

 

Scrivere un romanzo utilizzando le modalità di scrittura usate sui social non è stata una sfida semplice. Quello che utilizziamo quando scriviamo le nostre e-mail, ma soprattutto i nostri messaggi su WhatsApp e Messenger, o anche di più negli SMS, è un linguaggio povero e scarno, ridotto all’osso per esigenze di rapidità, e, nello stesso tempo codificato secondo tutta una serie di regole nuove, che si sono autoaffermate nel tempo, senza che nessuno le abbia formalizzate. Già può risultare criptico parlare di certi argomenti usando queste nuove modalità espressive, ma come era possibile raccontare una, anzi, più di una storia d’amore, far arrivare ai lettori le dinamiche sottili che regolano il gioco della seduzione, lo spessore emotivo di certi personaggi che, proprio nella loro volontà di dire poco o nulla di sé, trovano nel linguaggio dei social un alleato prezioso a custodire i loro segreti?

All’inizio questa scelta mi è sembrata un cul-de-sac, ma quasi subito mi sono resa conto che invece costituiva proprio uno dei punti di forza del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0. Del resto, anche quando Choderlos de Laclos ha scritto le sue Les liaisons dangereuses (Le relazioni pericolose) nel 1782 ha scelto di raccontare unicamente tramite le lettere  scritte dai suoi personaggi una storia di seduzione, intrigo, amore e vendetta. Non solo, generale rivoluzionario e poi burocrate sotto Napoleone, Laclos ha usato il suo romanzo epistolare per condannare gli eccessi delle nobiltà borbonica, il vizio e la corruzione che vi serpeggiava, complice la pressoché totale mancanza di educazione sentimentale e morale a cui erano relegate le donne. Una serie di temi non da poco, insomma, che la forma epistolare doveva esprimere, senza nello stesso tempo annoiare i lettori.

Il pensiero di come Laclos ha affrontato il problema è stato uno stimolo anche per me, che, rispetto a lui, mi ritrovavo a poter giocare su diversi livelli, e credo che sia stato proprio questo a farmi capire le potenzialità della mia scelta apparentemente ardua. Ho capito che potevo sfruttare a mio vantaggio i cambi di ritmo e registro come volevo, passando dallo stile delle e-mail tra Giacomo e Isabella, più vicine per certi versi allo stile epistolare, agli scambi brevi e quasi sincopati su Whatsapp tra Camilla e Giada. Man mano che il romanzo andava avanti, questa modalità di scrittura mi offriva spunti sempre più interessanti. Avvicinandomi al finale, quando le vicende si ritorcono contro i protagonisti, messaggi lapidari ed essenziali diventavano un modo per rendere lo stringersi progressivo delle maglie della vicenda (e di quelle della giustizia) intorno a chi, fino a poco prima, sembrava essere il primo artefice di intrighi e trame.

Insomma, senza rendermene conto sono caduta io stessa “vittima” del mio gioco linguistico, e mi ci sono appassionata al punto da riuscire, spero, a condurre i lettori esattamente dove volevo: a scoprire una storia a più livelli, dove le parti in gioco mutano continuamente, dove nulla è come sembra, e per scoprire la direzione della storia occorre davvero leggere tra le righe, interpretare le intenzioni, nella scrittura apparentemente innocua che scorre quotidianamente  su display luminosi, stretti nelle nostre mani.

 

 

Cambiano i tempi, ma i personaggi?…

Mi interrogavo qualche giorno fa sull’attualità del mio romanzo, rispetto alla pandemia di Covid-19 che ha sconvolto le vite di molti e la concezione stessa delle nostre esistenze. Oggi mi interrogo sui miei personaggi, su quanto essi siano ancora attuali, a distanza di una manciata d’anni da quando ho terminato la stesura del libro. Non è una domanda banale. Per Giacomo e Isabella mi sono ispirata, almeno concettualmente, al Visconte di Valmont e alla Marchesa de Merteuil, due personaggi resi iconici dal romanzo di Choderlos de Laclos a cui devo l’idea del romanzo Le relazioni pericolose 2.0. Valmont e de Merteuil che, paradossalmente, erano già icone quando sono stati concepiti, simboli di un bel vivere settecentesco che coincideva irrimediabilmente con un libertinaggio esasperato, un libertinage poco filosofico e molto devoto al soddisfacimento dei desideri carnali, ma ancora di più al compiacimento di una sfida senza confine e senza limiti tra due personalità affamate di esperienze, ma ancora di più del gioco psicologico che trova il suo appagamento ne far fare agli altri ciò che si vuole, senza farsene accorgere.

Così Giacomo e Isabella, pur muovendosi in un contesto storico e sociale molto diverso rispetto ai loro antenati dai volti incipriati e dalle parrucche favolose, duellano con la grazia di due serpenti velenosi, a colpi di fiele e malinconia, antichi amanti ai quali non è rimasto che in conforto della solitudine e della sconfitta dell’altro per non arrendersi all’annichilimento.

E poi c’è Ginevra, con i suoi dubbi, le sue fragilità, la sua illusione di potersi mantenere pura e coerente con i propri valori in un mondo in cui a vincere è chi quei valori li scardina, li sbeffeggia, decretandone un tramonto annunciato, e senza avere la pretesa di sostituirli con qualcosa di altrettanto valido e prezioso. Ho sempre pensato che la Presidentessa di Tourvel fosse un’eroina, a suo modo, l’ultimo baluardo di una donna di sani principi, capace di autentico amore, circondata da uomini e donne che hanno fatto della corruzione propria e degli altri il proprio stendardo e proclama.

E poi Camilla, la mia Cécile de Volanges, nuova al gioco dell’amore, eppure così naturalmente portata, forte della sua giovinezza, che la rende sfrontata anche quando dovrebbe apparire solo innocente. Ma c’è ancora spazio per l’innocenza delle adolescenti, nel mondo di Instagram e Tik Tok, dove la bellezza vale solo se esasperata, gettata in faccia, svenduta a un’omologazione esacerbata da modelli di riferimento ossessivi e molto, troppo spesso insani, da ogni punto di vista. Certo, Cécile in convento aveva altri riferimenti, ma non è tipico della gioventù cercare qualcosa a cui appartenere, proprio nel momento in cui si grida al mondo la propria unicità?

Uguali e diversi, i mie personaggi, come uguale e diverso è il mondo, nei suoi infiniti cicli e ricicli, e l’umanità in costante evoluzione, anche nei propri errori…

Le Relazioni pericolose tra covid-19, passato e futuro

In questo periodo di presentazioni in giro per l’Italia, finalmente liberi (o quasi…) da molte delle restrizioni a cui ci ha obbligati la pandemia, mi sono resa conto di quanto fossi stata in un certo senso lungimirante nella stesura del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0

Il Covid-19 ha sconvolto le nostre esistenze perfette, o che noi ritenevamo tali, costringendoci a rivedere in modo significativo non lo solo le nostre priorità, ma in generale il nostro stile di vita. Mi chiedo cosa sarebbe stato dei personaggi del mio romanzo se si fossero trovati costretti a muoversi durante un lock down. Sono certa che alcuni di loro non si sarebbero fatti fermare da regole e raccomandazioni, il bello di certi uomini e donne spregiudicati è che sono ribelli in ogni manifestazione, ogni aspetto della propria vita. Così Giacomo e Isabella non avrebbero permesso a niente e nessuno di fermarli nel loro ‘gioco’ dell’amore, trovando un sistema per portare avanti le loro schermaglie e i loro intrighi.

O così mi piace pensare.

Perché questa esperienza ci ha scottati tutti, chi più chi meno. Se i lock down e la distanza forzata a cui siamo stati costretti ha dimostrato – se ce n’era ancora bisogno – l’importanza raggiunta dai social nelle nostre relazioni (pericolose o meno…), dall’altro hanno anche rivelato quanto fragili esse siano, a volte, quanto soggette a incrinature, rotture spesso fatali, quando un’avversità sulla quale non possiamo esercitare controllo alcuno ci strappa dalla nostra routine, dalle nostre certezze.

E poi è vero che abbiamo cercato di sostituire la nostra vita sociale con una vita social. Ma quando la carne chiama la carne, quando il desiderio reclama il suo tributo, davvero ci si può accontentare di parole digitate in una chat, scene di disperata passione o raffinato erotismo descritte da un display? Forse alla fine sono proprio le relazioni nate così, perché non esiste altro modo per viverle, e rivelarsi le più pericolose…

Alla fine sono contenta che Giacomo, Isabella e gli altri personaggi del mio romanzo Le relazioni pericolose 2.0 non abbiano dovuto vivere le loro vicende durante la pandemia. Forse anche grazie a loro riuscirò a ricordare com’era prima, per apprezzare di più quello che verrà dopo.

Giacomo, un fuoriclasse nel gioco dell’Amore.

Era naturale che ci tenessi davvero molto a trovare il mio Valmont.

Sono una donna, sono suscettibile al fascino maschile, quello vero, autentico, che purtroppo molti presunti uomini sembrano incapaci di incarnare, al giorno d’oggi. Certo, ero anche consapevole dei rischi che correvo. Valmont, e, a maggior ragione, il protagonista maschile a cui stavo dando vita, uniscono al suddetto fascino una componente predatoria e una mancanza di scrupoli pericolosissima, soprattutto quando indirizzata alle loro vittime preferite: le donne.

Ma, si sa, a noi piacciono i bad boys, ne subiamo il fascino irrimediabilmente, e c’è da credere che anche all’epoca di De Laclos essi mietessero molti più successi rispetto ai bravi mariti fedeli. Non è difficile immaginare perché. La donna è attratta dal predatore pericoloso, dal lupo che nasconda dentro il proprio pelo, celandolo dietro a parole gentili e dolci come il miele, e proprio per questo è ancora più insidioso. Piace l’uomo che sa dare a ciascuna donna esattamente quello di cui ha bisogno, colmare quel vuoto d’affetto, o considerazione, o sesso, che la rende incompleta. Figura paterna per la donna insicura, bambino irresistibile per il tipo materno, anima tormentata per quella che cerca l’uomo da salvare, da redimere. Quante volte abbiamo assistito a questo gioco? quante volte ne abbiamo letto nei libri, o l’abbiamo visto nei film?

Questo vuol dire che gli uomini non possono innamorarsi? No, mai pensato una cosa simile.

Valmont era una sfida personale. Perché anche a me sarebbe piaciuto salvarlo, dalle trame della Marchesa, ma soprattutto da se stesso. Forse, per un attimo, ho sperato che il mio Giacomo avrebbe avuto una possibilità.

Ma la verità è che Valmont perde, esce sconfitto dal gioco dell’amore. E non perché non sia un bravo giocatore, anzi… Ma trova qualcuno più forte di lui e, soprattutto, sottovaluta alcune regole imprescindibili, che solo i giocatori più incalliti conoscono e rispettano, pena la squalifica. Valmont si innamora. Ebbene sì, anche gli uomini come lui, e come Giacomo, possono cadere vittima del gioco dell’amore. E quando amano questi uomini lo fanno con un trasporto feroce, una abbandono spaventoso, forse proprio perché troppo a lungo si sono impediti di farlo, troppo presi a tessere i loro inganni.

E Giacomo? Affascinante Giacomo, cittadino del mondo, spirito libero, ramingo. Le donne ne sono attratte come le api sul miele, e lui vive ciascuna di esse come una sfida, ma anche una splendida opportunità. Le conosce, le irretisce, le valorizza rendendole uniche, per il tempo in cui dura la passione, come un collezionista di farfalle. Poi passa a un’altra farfalla.

Vi piacerà conoscerlo. A me è piaciuto moltissimo.

Le relazioni pericolose 2019 ora è anche cartaceo

Ve lo avevo promesso, e io mantengo le promesse.

Da oggi potrete acquistare il mio romanzo Le relazioni pericolose 2019 anche in formato cartaceo.

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Isabella, vincere o morire nel gioco dell’amore.

Continuando a parlare dei personaggi femminili di Le relazioni pericolose 2019, non posso non soffermarmi su Isabella.

Isabella… è la mia Marchesa de Merteuil. Scoprirla, reinventarla, è stata una sfida nella sfida. Perché la sua illustre predecessora era già di per sé un personaggio non convenzionale, per la sua epoca, una donna pronta a sfidare tutti i limiti imposti al proprio sesso dalla società maschile, rivendicando una libertà inimmaginabile, ottenuta a furia di compromessi, autodisciplina, una metodica manipolazione della propria essenza. Mi piace ricordare a proposito una delle mie citazioni preferite dal film Le relazioni pericolose di Stephen Frears (1988). In questo caso la Marchesa de Merteuil era interpretata da una superba Glenn Close. A un certo punto il personaggio pronuncia una confessione che è una vera e propria ammissione d’intenti:

“Quando feci l’ingresso in società avevo quindici anni; e io già sapevo che il ruolo a cui ero condannata, vale a dire stare zitta ed obbedire ciecamente, mi dava l’opportunità ideale di ascoltare e di osservare. Non quello che mi dicevano, che non era di nessun interesse, ma tutto quello che la gente cercava di nascondere; ed ho esercitato il “distacco”. Imparai a sembrare allegra, mentre sotto la tavola mi piantavo una forchetta nel palmo della mano e finii per diventare una “virtuosa nell’inganno”. Non era il piacere che cercavo, era la conoscenza; e consultavo i più rigidi moralisti, per la scienza dell’apparire, i filosofi, per sapere cosa pensare, e i romanzieri, per capire come cavarmela; e alla fine io ho distillato il tutto, in un principio meravigliosamente semplice: “vincere o morire”.”

Un’affermazione inammissibile, se la immaginiamo pronunciata da una donna vissuta nel ‘700!

Oggi è tutto più facile, le donne sono emancipate, indipendenti, possono lavorare e guadagnare quanto e più degli uomini. Sono rispettate e temute. Davvero?…

Isabella, o meglio Isabella.roaring70s, come è conosciuta in Rete, è uno dei personaggi più misteriosi del romanzo, e questo è curioso, considerando che è anche una delle protagoniste, per non dire LA protagonista. Eppure di Isabella non sappiamo nemmeno il cognome, di tutti gli altri sì. Quello che scopriamo di lei emerge progressivamente solo dalle lettere che si scambia con Giacomo, il suo amante storico, il suo Valmont.

Scopriamo così che Isabella è stata sposata con un ricco texano, che l’ha resa vedova e ricca. Tornata in Italia è divenuta regina indiscussa regina della società romana, aprendo il proprio salotto a esponenti del mondo politico, dello spettacolo, a tutta la Roma che conta. Una novella Madame de Staël, meno intellettuale, sicuramente, molto più interessata al potere, quel potere che si acquisisce solo attraverso la conoscenza dei punti deboli degli altri. Isabella sembra una specialista in questo. La sua mente arguta e il suo atteggiamento insinuante sembrano fatti apposta per sezionare l’anima altrui, frugare la carne per carpirne i segreti più intimi e riposti. E poi usarli per infliggere dolore, con la noncuranza con cui un bambino strappa le ali a una farfalla.

Ma è davvero così? Isabella, la mia Isabella, fredda e appassionata a un tempo, è davvero priva a sua volta di punti deboli?

Ripenso alla Marchesa de Merteuil quindicenne, che sorrideva piantandosi i rebbi della forchetta nella mano. Che imparava a tacere, a subire tutti i soprusi a cui il mondo di uomini in cui viveva la condannava.

Isabella è crudele, anche quando ama, soprattutto quando ama.

A un certo punto scrive a Giacomo:

“Cercami, amami ancora, pure se non mi trovi sulla strada che stai percorrendo adesso. Se ti fermi un istante e ti guardi intorno con gli occhi di chi guarda con l’anima, vedrai che io sono lì con te. Sentirai che non mi hai persa per sempre, mi hai solo lasciata scivolare via. Gli anni passati mi pesano, ora non riesco più a fuggire da te. Sono qui per te, in attesa di un cenno che risvegli i nostri vecchi sentimenti, la nostra complicità di sempre. Di un tuo bacio che mi dica “ti voglio”. Entra in me, fammi sentire se riesco a far rinascere il maschio, l’uomo che eri e cerco ancora.”

È davvero tutta finzione? Non è solo un modo per celare una fragilità rinnegata, ricacciata a forza in un luogo remoto, distante, per proteggersi dal male, per soffocare il pianto di una ragazza troppo giovane, troppo ingenua per saper far fronte alla crudeltà del mondo dei grandi?

Io, dopo tanto tempo, non ne sono ancora sicura.

Forse lo scoprirete voi, leggendo il mio libro.

Le ragazze vogliono solo divertirsi.

Il titolo dell’articolo di oggi cita una vecchia canzone di Cindy Lauper, Girls Just Want To Have Fun, e non a caso.

In questi giorni mi sono ritrovata a riflettere sul personaggio di Camilla, la mia Cécile de Volanges. È stata una sfida interessante cercare di trasportare il personaggio di Choderlos de Laclos ai giorni nostri. Il mondo è così cambiato, e di certo sono cambiate le adolescenti, con una velocità così vertiginosa da fare spavento.

Come potevo sperare di riscrivere il destino di questa giovanissima fanciulla, cresciuta in convento, al riparo dal male e dalle insidie del mondo, preservata nella mente e nella virtù per poter essere data in moglie a un nobile facoltoso e molto, molto più vecchio di lei?

Ci ho pensato a lungo, e, alla fine, Camilla stessa è venuta a cercarmi e mi ha dato la risposta che stavo cercando.

Perché se è vero che le ragazze moderne sono molto più sveglie e spregiudicate delle loro coetanee di trecento anni fa, e sebbene imparino fin troppo presto a conoscere il mondo dei grandi, a scapito di una prematura perdita dell’innocenza, è anche vero che entrambe, Camilla e Cécile, vivono un’età in cui è impossibile non farsi irretire dal gioco dell’amore. Un gioco tanto pericoloso quanto stuzzicante, che provoca vertigini e batticuore, parossismi di gioia e abissi di dolore, ma che proprio perché così estremo ed emozionante, nei suoi eccessi, risulta irresistibile.

Così, inseguendo le orme di Cécile, che si innamora del giovane e inesperto Danceny, ma che finisce sedotta dal perverso Valmont, salvo poi abbandonarsi con un entusiasmo tutto adolescenziale all’educazione ‘sentimentale’ che quest’ultimo le riserva, ho trovato la ‘mia’ Camilla, inquieta, curiosa, pronta a lasciarsi sedurre con tutta l’insostenibile leggerezza dei suoi diciotto anni. La vanità e l’inesperienza valgono quanto un’educazione in convento, quando tutto nella tua mente, nel tuo cuore, nel tuo corpo, freme per prendere parte al gioco. Forse perché a quell’età non sai ancora quanto possa fare male giocarlo.

Un’ultima considerazione, per non anticiparvi troppo. Se penso a Isabella, la matura protagonista del mio romanzo, mi viene da chiedermi se, crescendo, Camilla potrebbe diventare poi così diversa da lei.  In fondo de Laclos non ci ha rivelato che ne è stato di Cécile una volta uscita dal convento dove si rifugia alla fine del romanzo. Forse, perduta la grazia della giovinezza, insieme alla virtù, più matura e consapevole delle regole del gioco, è divenuta una seconda marchesa de Merteuil…

Amore, sesso e politica al tempo della comunicazione 2.0

In questi giorni a dir poco incerti per la politica del nostro paese, mi piace pensare a come la letteratura s’intrecci con la realtà, a volte essendone specchio, a volte creando strani giochi profetici, del tutto involontari.

Anche il mio Le relazioni pericolose 2019 non fa eccezione. Anzi.

In questo romanzo si parla di molti argomenti. Dell’amore, nelle sue tante sfaccettature, tenere e crudeli, nelle trame contorte e spesso perverse che riesce a intrecciare, delle conquiste e delle sconfitte di cui è motore.

Si parla di luoghi, che finiscono con l’essere scenari inconsapevoli della tragedia di cui sono protagonisti i miei personaggi.

Si parla anche di politica, ebbene sì.

Ne parla Isabella, ricordando un episodio avvenuto a casa sua, che aveva avuto come protagonista l’allora capo dei servizi segreti. E ne parla schernendo i politici di oggi, troppo spaventati per trasgredire veramente.

Ne parla Giacomo, coinvolto dapprima indirettamente, poi in modo più spregiudicato, in vicende nelle quali forse farebbe meglio a non immischiarsi. Enzo, il marito di Ginevra, la donna che lui ha deciso di conquistare, è un sindaco 5 Stelle che si ritrova improvvisamente eletto deputato e catapultato nel cuore politico della capitale. Con lui collaborerà anche Marta, madre di Camilla, un’altra vittima del mio moderno Valmont. Non posso dirvi molto di più riguardo al coinvolgimento di Giacomo con la parabola politica di Enzo, per non svelarvi troppo della trama. Lascio a voi il piacere di scoprirla.

Tornando alla visione politica dei miei personaggi, confrontata con la realtà a cui stiamo assistendo, con un certo disincanto, ammetiamolo, in quest’ultimo periodo, mi piace citare una frase di Giacomo, che a un certo punto, scrivendo a Isabella del marito di Ginevra, afferma: “Sai, da quando sono arrivati al governo, questi nuovi politici pensano che tutti cerchino di ingannarli e si tengono lontani da qualsiasi forma di pubblicità. Vedrai quando avranno assaggiato il potere quante comparsate televisive e paparazzate su richiesta ci toccherà subire!”

Ricorda qualcosa, o qualcuno?

In un’epoca in cui tutto è apparenza, in cui la popolarità vale più del merito e i followers e gli amici ‘virtuali’ contano più di quelli veri, anche la politica deve scendere a patti con le nuove tecnologie. Abbiamo visto uomini venuti dal nulla scalare i consensi della nazione grazie alla Rete, abbiamo assistito a referendum on line e a dibattiti politici via Twitter. Ogni giorno, su Facebook si discute di politica, spesso senza alcuna cognizione di causa, mentre Instagram ci regala istantanee di coloro i quali dovrebbero governare il paese intenti a fare di tutto fuorché il proprio lavoro..

Nel mio romanzo non ho voluto certo prendere posizioni riguardo alla politica, no. Ma ho parlato di cosa significhi comunicare nel 2019, anzi, ho lasciato che le vicende dei miei personaggi prendessero forma e vita solo attraverso i loro messaggi, le loro e-mail, i loro whatsapp.

È l’amore 2.0, la politica 2.0, il mondo 2.0.
Mi piace che sia così?
Non è questo il punto.
Io racconto solo storie.

Viaggio in Italia, tra amori e tradimenti

C’è qualcosa che rende speciale il mio ultimo romanzo, qualcosa che lo differenzia in modo innegabile dall’opera di Chorderlos de Laclos, al quale mi sono ispirata.

Non è tanto la psicologia dei personaggi. I protagonisti di Laclos erano di un’attualità spaventosa, sebbene si muovessero in uno scenario storico e sociale così lontano dal nostro. Ma la sottile crudeltà della Marchesa de Merteuil, così come la lucida e disperata inclinazione all’annichilimento celata dal disperato edonismo di Valmont, sono maledettamente moderni, e li si può ritrovare in uomini e donne che incrociano ogni giorno il nostro cammino. Magari non eguaglieranno in fascino i due diabolici protagonisti del romanzo epistolare. Allo stesso modo le vittime di allora non differiscono da quelle di oggi, poiché il gioco della seduzione, con le sue regole ineluttabili e spesso disumane, non ammette prigionieri: c’è chi vince, c’è chi perde, e c’è chi, in un attimo, può ritrovarsi a perdere ogni cosa per un’unica mano sfortunata.

Dunque non stiamo parlando dei personaggi. E allora di cosa?

Di certo cambiano i mezzi di comunicazione. Laddove la Marchesa e il Visconte tessevano le loro trame d’inganni tramite una fitta e corrispondenza epistolare, Isabella.roaring70s e [email protected] si scambiano email, piuttosto che messaggi su WhatsApp, o ancora sms. Ma, anche in questo caso, la diversità di mezzi di comunicazione non influisce sulla trama. Lo fanno invece altre implicazioni legate alla Rete, sulle quali tornerò in un altro articolo. Il mondo di Laclos era a suo modo barbaro e crudele, ma non può eguagliare i nuovi orrori che i moderni mezzi di comunicazione hanno contribuito a creare.

No, la differenza che mi premeva segnalare è il modo in cui ho voluto giocare con i luoghi, con i paesaggi. La vicenda di Isabella e Giacomo si snoda tra Roma, Palermo e il paesino dei monti Nebrodi da cui proviene la sfortunata Camilla. Una gamma di scenari magnifici che mi ha offerto la possibilità imperdibile di descrivere visione di paesaggi mozzafiato, scorci urbani immortali, contesti naturali selvaggi, che vanno a intrecciarsi con lo stato d’animo dei miei personaggi, giungendo a tratti a rispecchiarne le sfumature.

Forse è proprio questo che troverete nelle mie Relazioni pericolose, rispetto all’originale, e non me ne voglia il maestro Chorderlos de Laclos! Non ho fatto altro che descrivere luoghi che conosco e amo, nella speranza di poterne trasmettere le suggestioni a chi vorrà leggere la mia storia. Dopotutto i libri servono ancora anche per viaggiare, almeno con la fantasia. Lasciate che vi faccia da guida.

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